Forfora: cos’è?

forfora, cos'è

A tutti sarà capitato, magari in concomitanza con i cambi di stagione, dopo qualche terapia, o comunque in periodi stressanti, di riscontrare sui vestiti scuri alcune fini squame di pelle morta provenienti dal nostro cuoio capelluto, questa è quella che comunemente viene definita forfora, ma mentre per alcuni essa rappresenta una transitoria alterazione di un fenomeno fisiologico, che è il ciclo vitale dei cheratinociti dell’epidermide, per altri può diventare un disturbo ricorrente o persino costante. Tali differenze dipendono da numerosi fattori. Innanzitutto vanno escluse da questa casistica due importanti alterazioni dermatologiche che possono colpire il cuoio capelluto, generando forte desquamazione e prurito localizzati o diffusi a tutto lo scalpo: la psoriasi e la dermatite seborroica che sono patologie con storia a sé di cui parleremo più diffusamente in futuro.

Occorre innanzitutto ricordare che lo strato più esterno della pelle, detto epidermide, è prevalentemente costituito da cellule dette cheratinociti, il cui ciclo vitale dura circa 28 giorni, durante i quali essi migrano attraverso i vari sottostrati dell’epidermide, compiendo il loro processo di maturazione. A fine ciclo essi sono diventati degli ammassi di cheratina completamente disidratati e muoiono sfaldandosi come squame di pelle secca, diventando così la principale fonte di nutrimento per i microorganismi della nostra pelle. Una particolare specie di lievito saprofita, particolarmente importante per questo processo è Malassezia furfur, precedentemente catalogata anche come Pytirosporum ovale. Tale fungo si occupa proprio della degradazione dei cheratinociti morti, svolgendo contemporaneamente un’altra funzione cruciale per la pelle, cioè l’emulsificazione di sebo e sudore per produrre il cosiddetto manto idrolipidico, la protezione principale della pelle dagli agenti chimici, fisici e biologici esterni, nonché un fattore chiave per la prevenzione della disidratazione dell’epidermide. La degradazione dei cheratinociti, infatti libera numerose sostanze dal citosol cellulare, tra cui alcune dalle proprietà chimiche analoghe a quelle dei saponi (biosurfattanti), facilitando l’emulsione di sudore e sebo.

Fatta questa premessa, risulta facilmente intuibile che il ruolo del microbiota della pelle sia estremamente importante nell’insorgenza di anomalie desquamative e nella loro risoluzione.

Quello che generalmente avviene, in seguito ad un incremento del processo desquamativo (che può avvenire per innumerevoli fattori, dallo stress, alla temperatura, dagli ormoni alla frequenza di lavaggio, o ai prodotti utilizzati sul cuoio capelluto, ecc.) è un contestuale aumento della disponibilità di nutrimento per i microorganismi della pelle. Questo può causare delle alterazioni a carico della composizione relativa e del numero assoluto dei microorganismi presenti sul cuoio capelluto. A seconda dell’entità e della qualità di tali variazioni la situazione può cronicizzare, in quanto l’eccessiva presenza di taluni microorganismi, che normalmente non ci danno problemi, può causare risposta infiammatoria, esacerbando la desquamazione, oltre che un aumento della produzione di sebo. Così si instaura un circolo vizioso che si autoalimenta e genera la vera e propria forfora, che si distingue per squame più grandi e untuose rispetto alla fase iniziale.

L’utilizzo di prodotti topici con dei principi micostatiche e batteriostatiche come lo zinco PCA e la piroctone olamina risulta uno degli approcci preferibili, per limitare nella maniera più delicata possibile la proliferazione dei microorganismi cutanei, evitando trattamenti aggressivi, che pur risolvendo il problema velocemente espongono a frequenti recidive, una volta sospesi. Questo avviene perché eliminando drasticamente tutti i microorganismi della cute ci si può esporre a patogeni molto più fastidiosi come Staphylococcus aureus, che possono facilmente colonizzare una cute priva della sua popolazione microbica autoctona. Mentre, al contrario risultati più duraturi si ottengono regolando la proliferazione dei microorganismi in maniera fisiologica.

Inoltre è opportuno lenire il cuoio capelluto con prodotti dalle proprietà antiinfiammatorie, idratanti e rigenerative, tra cui possiamo ricordare il pantenolo o gli estratti di Aloe, che aiutano ad interrompere il circolo vizioso e riducono la sensazione di prurito che spesso accompagna la forfora.

Anche la frequenza di lavaggio andrebbe limitata in fase acuta, evitando shampoo quotidiani, che per quanto delicati contengono sempre tensioattivi che possono danneggiare un manto idrolipidico già alterato, se usati eccessivamente. Infine altre piccole precauzioni come limitare la temperatura di acqua e phon durante e dopo il lavaggio ed evitare in fase acuta l’utilizzo di gel o lacche, possono contribuire a risolvere il problema più facilmente.

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