La dermatite seborroica è un’alterazione della pelle con forte sintomatologia infiammatoria che si può verificare nelle regioni della cute particolarmente ricche di ghiandole sebacee, quali cuoio capelluto, fronte, guance, naso, torace e ascelle. Non appare generalmente nella metà inferiore del corpo, in quanto la distribuzione delle ghiandole sebacee è decisamente sbilanciata a favore della metà superiore.
Essa si manifesta generalmente come una desquamazione secca o più spesso untuosa, accompagnata a prurito di vario grado, spesso a questi livelli è molto difficile distinguerla, quando si presenta sul cuoi capelluto, da una semplice forfora secca o grassa, rispettivamente. Alcuni trattati di dermatologia suggeriscono anzi, una forte correlazione tra i due fenomeni, ipotizzando addirittura che la forfora sia un grado fisiologico, o semplicemente meno grave di dermatite seborroica. Le manifestazioni più severe, d’altra parte presentano un’esacerbazione dei sintomi di cui sopra, accompagnate da forte arrossamento e talvolta papule desquamanti, finendo alle volte per essere confuse con psoriasi, in particolare le forme in cui non è presente aumento dell’attività delle ghiandole sebacee. La dermatite seborroica spesso si manifesta anche sulla barba o sulle sopracciglia, nonché nel cavo auricolare, mentre per quanto riguarda il cuoio capelluto essa appare più evidente nella regione dell’attaccatura dei capelli, formando spesso una caratteristica corona. A differenza della psoriasi, tuttavia il grado di comprensione di questa patologia e dei suoi meccanismi scatenanti è decisamente inferiore: a tutt’oggi infatti, i meccanismi biologici dietro alla dermatite seborroica non sono stati completamente chiariti, probabilmente a causa della complessa eziopatogenesi di tale alterazione, le cui manifestazioni sono state correlate a diverse patologie e concause. Innanzitutto ci sono fasce di età in cui l’incidenza sembra essere maggiore, quali i primi mesi di vita, l’adolescenza e la fascia di età tra i 40 ed i 60 anni. Gli uomini sembrano essere maggiormente colpiti delle donne, mentre non sono state riscontrate differenze di incidenza significative in altri gruppi etnici.
Altre correlazioni molto significative con la dermatite seborroica esistono con vari tipi di danni neurologici (da danni di origine traumatica alle malattie neurodegenerative come il morbo di Parkinson), ma anche con situazioni di deficit del sistema immunitario, infatti i malati di AIDS hanno un’incidenza molto superiore di questa alterazione, probabilmente anche in conseguenza di un incontrollato aumento delle popolazioni di alcuni lieviti del genere Malassezia sulla cute. I lieviti lipofili che ospitiamo sulla nostra cute infatti, sembrano giocare un ruolo molto importante, soprattutto per quanto riguarda la determinazione della severità dei sintomi della dermatite, che pare avere una correlazione diretta con la concentrazione cutanea di questi microorganismi, ma non sembrano essere il fattore scatenante. Altri fattori di rischio sono lo stress e stili di vita poco salutari, in particolare l’abuso di alcool.
La dermatite seborroica è una patologia recidivante, specie in età adulta, dove i fattori di rischio esogeni sono più frequenti e tende ad avere fasi di quiescenza alternate a ritorni periodici. Le terapie di prima linea comprendono corticosteroidi e antimicotici topici. Utile può essere anche l’utilizza di shampoo antiforfora delicati che aiutino contemporaneamente a tenere sotto controllo la flora microbica e ad eliminare le squame di pelle morta. A livello di integrazione funzionale si possono somministrare prodotti che modulino la produzione di sebo, quali le vitamine B6 e H, la cui funzione in tal senso è nota, in tal modo si impedisce anche indirettamente l’eccesso di proliferazione dei microorganismi della cute, che trovano nelle sostanze grasse del sebo fonte di energia e carbonio. Anche degli antiossidanti come la vitamina C ed E possono aiutare a ridurre i danni derivanti dalla risposta infiammatoria, impedendo così l’innescarsi di un circolo vizioso in cui l’infiammazione si autoalimenta.